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VEGANOK CHANGE, anche Appunticreativi aderisce all’iniziativa

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Qualche mese fa ricevo un messaggio sul profilo Instagram di Appunticreativi da Sauro Martella, fondatore di VEGANOK Network. Conosco la certificazione VEGANOK e devo ammettere che è diventato uno dei punti di riferimento capaci di orientare i miei acquisti da quando sono diventata vegana, nel 2021. Perciò, resto un po’ interdetta: “Perché proprio io?”

Ciao Stefania,
Non ci conosciamo personalmente ma ti scrivo perché insieme a Associazione Vegani Italiani Onlus, stiamo per lanciare il “VEGANOK CHANGE”. Un progetto in cui mi farebbe piacere coinvolgerti intervistandoti.

Messaggio di Sauro Martella via Instagram

Un po’ sorpresa, un po’ emozionata, mi prendo del tempo per rispondere e, dopo aver fatto qualche ricerca (Conoscevo Veganok, ma non chi l’ha fondata), ho deciso di accettare.
Segue uno scambio di mail in cui Martella mi spiega ‘di cosa si tratta’. Vengo contattata dalla redazione e mi attivo subito per registrare un video che risponde alle domande dell’intervista.

VEGANOK CHANGE, anche Appunticreativi aderisce all’iniziativa

Qui la trascrizione dell’intervista, sotto invece il video

Perché sono diventata vegana?

Io proprio lo devo ammettere: mai e poi mai avrei pensato di abbracciare questo percorso. Da napoletana amante del pesce e della mozzarella, mai avrei pensato di diventare vegana.
Mi lascio andare anche a un’altra confessione: i vegani non li capivo proprio e un po’ mi stavano pure antipatici.
Ho sempre avuto un’immagine di loro un po’ da ‘fanatici’, sempre pronti a puntare il dito anche con violenza verbale, se necessario. Un atteggiamento che ha sempre evocato in me una sensazione di chiusura: tu urli e io non ti ascolto!

Ho capito che essere vegani è una scelta di gentilezza e devo essere gentile anche io.

Spesso mi ritrovo a pensare che è stata la gentilezza ad animare la mia scelta di diventare vegana.
Faccio un passo indietro: ho avuto una gatta per 16 anni che ho amato come fosse una figlia (e si, sono mamma, so cosa sto dicendo).
Quando l’ho persa, il dolore è stato lancinante. Ho vissuto un lutto vero e proprio. Accadeva nel 2021, mi fa ancora male.

A chi si azzarda a pensare che se dico questo vuol dire che non so cosa significhi provare un lutto, dico che dovrebbe passarsi la mano sulla coscienza e fare attenzione, perché il fatto che io faccia video su YouTube (ogni tanto, ormai) e mi cimenti a scrivere su questo blog e ad avere due profili Instagram (Appunticreativi e Lapartenopevegana), non mi rende meno sensibile e meno umana di chi sta dietro al display dello smartphone o allo schermo del pc. Sono una persona con un vissuto, dei sentimenti e una chiara consapevolezza di ciò che è e di ciò che prova.

Detto questo, forse starete pensando: cosa c’entra ora una gatta con la scelta vegan?
In effetti, il passo è più breve di quanto possiate immaginare e comprenderlo significa solo spostarsi di un pochino e guardare le cose oltre quella che è una prospettiva disegnata dalla massa: gli animali sono stati creati per nutrirci e possiamo trattarli come vogliamo. Ma è davvero così?

Mi sono chiesta: “Avrei mai mangiato la mia gatta?”

Aver amato un animale al punto da soffrire così tanto per la sua perdita mi ha turbato e ha innescato in me una serie di domande: Che differenza c’è tra un gatto, un cane e una mucca o un maiale? Avrei mai mangiato la mia gatta? L’avrei mai ingabbiata, inseminata a forza per costringerla a riprodursi, bevuto il suo latte e mangiato la sua carne e quella dei suoi cuccioli? Per carità, inorridisco al solo pensiero.
Perché allora riuscivo farlo con gli altri animali? Vivo forse in uno stato di carestia o di emergenza che mi induce a mangiare qualsiasi cosa io riesca a reperire? Grazie alla vita, direi proprio di no.

Esprimo con le parole di una grande donna quanto ho appena detto:

Noi ci chiediamo se gli animali hanno una coscienza, ma la vera domanda è noi ce l’abbiamo quando trattiamo come facciamo gli animali? […] Non mangio carne perché amo gli animali e li rispetto. Ma ci sono anche ragioni scientifiche: non posso pensare di mangiare carne di animali provenienti da allevamenti intensivi, dove non sono più animali ma macchine da carne. Sono rimpinzati di antibiotici e vivono in maniera innaturale. Quindi le loro sono carni malate […].

Margherita Hack, astrofisica

Prima delle ragioni etiche, per me c’è la questione ambientale

Sono partita dalla motivazione ‘romantica’ che ha mosso la mia scelta, ma prima ancora che la morte di Frinky, la gatta, scuotesse la mia coscienza, l’attenzione per l’ambiente – che ho sempre cercato di trasmettere, per quanto mi sia possibile, attraverso questo blog – è stato il primo vero motore della rivoluzione che mi ha travolta. Al giorno d’oggi, non si può parlare di tutela dell’ambiente senza parlare di alimentazione.
Di seguito alcuni dati che riassumono meglio di me quello che cerco di esprimere cosa significa impatto ambientale nel piatto:

Grazie ai dati contenuti nell’Anagrafe nazionale, abbiamo calcolato che in Italia gli allevamenti di bovini, bufalini, avicoli, suini, conigli, lepri, ovini e caprini sono quasi 400 mila.

Fonte Essere Animali

Secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, le emissioni legate all’allevamento rappresentano circa il 15% delle emissioni annue di gas serra.

La filiera della carne di cui gli allevamenti intensivi sono da soli responsabili del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi. Gli animali commerciati o allevati insostenibilmente sono, inoltre, pericolose fonti di malattie zoonotiche, gravi altre minacce per il Pianeta e per la nostra stessa specie.

Fonte WWF Report “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità

Pare che gli allevamenti intensivi inquinino più dei trasporti (numerosi report di associazioni credibili riportano questo fatto).
Le associazioni a tutela delle filiere per la produzione di carne continuano a urlare alla fake news davanti a questi numeri. Eppure, io resto convinta che gli allevamenti intensivi stiano avendo un peso rilevante sul cambiamento climatico. Non lo posso accettare né per me, né per la visione del mondo che lascerò a mia figlia, Gaia.

Torniamo alla ‘gentilezza’

Dicevo, è stata la gentilezza a muovere la mia scelta. Se hai letto fino a qui, non so se è sono riuscita a rendere il perché dico questo. Ti spiego il mio punto di vista allora: la gentilezza può muovere forze straordinarie. Gentilezza verso una specie diversa dalla mia che abita la terra come me, ma che a causa mia è costretta a una “vita” di sofferenza solo per soddisfare il palato, non la fame.
Gentilezza verso un pianeta animato dalle forze della natura che, smettiamola di negarlo, sono più forti di noi: la terra può sopravvivere all’uomo, ma non il contrario. Gentilezza verso noi stessi e la nostra salute: ormai ci sono fior fior di studi che dimostrano quanto un’alimentazione vegetale sia amica della longevità.
Gentilezza verso chi non è pronto a comprendere ed abbracciare la scelta vegan, compresi mio marito e mia figlia che ho svezzato onnivora e dalla quale non posso pretendere un cambiamento solo perché l’ho fatto io.
Per questo ritengo che le mie siano ‘ricette gentili‘. E non solo le mie, anche quelle di chi come me ha abbracciato questa scelta con la consapevolezza che non è una moda, ma un’urgente necessità e lo fa senza urlare e accusare. Semplicemente lo fa con gentilezza.

Sono felice di aver potuto dire la mia grazie all’iniziativa VEGANOK Change, è una bella cassa di risonanza per un messaggio che vale proprio la pena passare, secondo me.

Il cambiamento non si esaurisce con un video, però. È nelle scelte di tutti i giorni.
Ti auguro buon cambiamento. Ne abbiamo bisogno tutti, anche tu.

❤️ Grazie per la lettura ❤️

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